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Verso Fermana - LR Vicenza: «Tremate, tremate: è tornata la Nobile Provinciale»

Una partita non fa primavera, dicono. Ma magari tre sì. Tre, ti danno l’illusione (per il momento solo l’illusione) che i tempi del “mai una gioia” stiano volgendo al termine

Lo spettacolo della Sud contro il Monza (foto Lidia Zancan)

Il Vicenza la partita col Monza l’aveva già portata dalla sua prima ancora che il signor Cipriani di Empoli fischiasse il calcio d’avvio. Sì, perché quando due squadre di alta classifica si ritrovano sugli spalti una 40 tifosi e l’altra 9.083, lo capisci subito come andranno le cose. Chiaro che il Lane ha poi calato l’asso di briscola con una prestazione tanto convincente da richiamare nei tifosi più attempati le immagini mai sbiadite del Vicenza targato Guidolin.

La cronaca

Finalmente una gioia (anzi, tre)

Pressing altissimo, asfissiante, ininterrotto fino al 94’ quando i biancorossi erano rimasti in 10 uomini. Centrocampo perfetto, in grado di coniugare in modo micidiale contenimento e verticalizzazioni. Difesa invalicabile, con i due cerberi centrali, Bizzotto e Mantovani, che impauriscono Cori e Ceccarelli al primo mezzo sguardo.

La formazione di Colella è stata una macchina da guerra che non ha lasciato scampo ai gioiellini di Zaffaroni, pure (auto)accreditati come stelle nascenti del campionato. Una parata di Grandi nel primo tempo, nessuna nella ripresa. Copione a senso unico, con i berici impegnati a tenere saldamente in pugno la gara, mai in discussione, senza rinunciare a qualche chicca stilistica a beneficio del palato fine del Menti: una “rabona” di De Falco, una finta di Nicolò Bianchi, una di “vaselina” di Laurenti, un fulmine di esterno destro a rientrare di Giacomelli, che se lo fa Messi poi te lo smarronano per un mese su tutte le tv del mondo.

E mister Colella magari non sarà il Messia del calcio, ma se pensi a Lerda, beh, lo puoi scambiare facilmente per Mourinho. Una partita non fa primavera, dicono. Ma magari tre sì. Tre, ti danno l’illusione (per il momento solo l’illusione) che i tempi del “mai una gioia” stiano volgendo al termine.

In morte al partito del mugugno

La genesi tribolata di questa squadra, nata dal Bassano come esperimento di ingegneria genetica, nel quale, novello Frankenstein, Renzo Rosso ha innestato quel po’ di Nobile Provinciale che restava dopo le operazioni di bassa macelleria nella Premiata Clinica degli Orrori FinVicenza, pare agli sgoccioli. C’è stato chi, alla seconda giornata, l’aveva già bollata come un’Armata Brancaleone. Senza nemmeno la decenza di attendere una paio di mesi per un giudizio analitico.

“Bisognava prendere Cascione e Troiano, non la scamorsa di De Falco.”; “Giacomei xe un giocatore decotto che non va bene neanche per la D”; “Arma non è un centravanti e la squadra non ha attacco. Bisognava tirar fora i schei per Caracciolo e Granoche.”.

Se siete curiosi, ho un lunghissimo elenco scritto di sentenze dei leoni da tastiera o dei fenomeni del calcio da Bar Sport. Un bel tacer non fu mai scritto, disse il poeta Giacomo Badoer. Citazione mai più azzeccata. E non perché il Vicenza abbia già la promozione in tasca. Tutt’altro: la strada è lunghissima e riserverà giornate molto meno felici di quella di ieri. Ma piuttosto perché Colella e i suoi ragazzi avrebbero meritato un trattamento diverso da quello loro riservato dall’esercito dei “mugugnatori” di professione. I quali, per fortuna, si sono rivelati un numero esiguo, subito sbeffeggiato dalle migliaia di supporter biancorossi che hanno invece voluto seguire l’evoluzione della squadra con speranza, fiducia e comprensione.

Il grande cuore biancorosso

Il merito del buon andamento del Lane va diviso anche con questi ultimi, con un popolo del Menti che ha anteposto l’amore e la passione ad ogni pippone di carattere tecnico tattico. Perché questo è il vero miracolo: l’unità di intenti. Se oggi il Vicenza gioca come gioca è anche merito della saldatura immediata tra società, gruppo squadra e sostenitori. Senza Cascione e senza Troiano. Senza Diabli e senza Aironi. Senza spese da Paperon de Paperoni. L’hanno sentito sulla propria pelle il Salò e il Pordenone. E adesso pure il Cavaliere col suo fido Galliani. Nella corsa per il posto promozione ci sarà anche il Lanerossi Vicenza, vedrete.

E chiamatelo pure Bassano, se vi diverte giocare con le matricole federali. La nostra maglia è sempre quella del 1902 e la R del ventennio in serie A è ancora lì, sul cuore dei giocatori. Questa è storia del calcio, mica un pettinar di bambole… Ma ora la testa della Nobile è già al “Capodarco” per il prossimo capitolo del romanzo.

Domanda: secondo voi domenica, quando le squadre entreranno in campo, ci sarà un solo tifoso della Fermana a cui verrano in mente i colori giallorossi, il ponte degli Alpini, la tajadea o il Monte Grappa? La risposta è definitiva? La accendiamo?


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