Scuola

Tutti i primi giorni di scuola: così uguali, così diversi

Dal registro con i paginoni al registro elettronico, dall’astuccio di legno ai pennarelli fluorescenti: la scuola è avventura che si ripete, sempre uguale e sempre diversa, che è anche l'occasione per riflettere su come cambia la nostra società

Emma è emozionata. Tra poco andrà per la prima volta a scuola. Il nonno, incaricato di accompagnarla ogni mattina, la guarda mentre passa e ripassa il materiale che i genitori le hanno comperato: lo zaino tecnologico con lo scomparto per il cellulare, gli ipertesti, i pennarelli fosforescenti, il righello con i led luminosi. E va con la mente ad una scuola che non c’è più: al suo astuccio di legno con il coperchio scorrevole, ai pennini, alla boccetta dell’inchiostro, ai grembiuli con il fiocco colorato, alla cartella di cuoio con la ribaltina.

Emma sta partendo per un lungo viaggio che segnerà la prima parte della sua esistenza. Il primo giorno di scuola e migliaia di gambe e di occhiali di corsa sulle scale, come cantava Venditti, che Emma non conosce nemmeno di nome, perché sul suo ipad ascolta solo Rovazzi e Fedez. La scuola la modellerà, come un torrente i sassi del greto. Di questa scuola il nonno sa poco o nulla. Lui ricorda la maestra unica per tutti i bambini in una classe dove nessuno si sognava di chiedere la rimozione del crocefisso. Tutti in piedi, l’inno di Mameli, la merenda fatta in casa, la refezione per i più poveri. Quel suo compagno di banco che si chiamava Onorino, quando nel registro non c’erano Ahmed, Igor o Ayeye. Qualcuno dovrebbe spiegargli quanto le cose siano cambiate da allora.

Il maestro, il professore, gli stessi bidelli, hanno perso l’aura di autorevolezza di un tempo, sono scesi malinconicamente nella scala sociale e le aule si sono via via popolate di laureati insoddisfatti, incatenati ad un lavoro non gratificante, che però è sempre meglio che restare disoccupati. Eppure ci sono ancora tanti bravi insegnanti. Costretti però sempre più a incombenze burocratiche nelle quali non possono né esprimere il loro sapere, né sentirsi davvero utili agli studenti. La loro attività fronte classe si è ridotta in quantità e qualità, per far posto ad adempimenti burocratici dei quali nessuno capisce la vera utilità: relazioni, schede valutative, programmazioni didattiche, prove di accesso… Si sono moltiplicati i computer, gli accessi alla banche dati sul web, le lavagne interattive, in uno tsunami di informazioni dentro al quale i ragazzi si muovono spesso a casaccio, quasi rintronati dalla ridondanza di stimoli, spesso senza riuscire a selezionare, a separare ciò che è importante dalla fuffa.

Ma per Emma tutto questo è il futuro. Il presente si riduce a quella prima passeggiata verso il portone, col cuore che batte forte. Anche il cuore del nonno batterà forte, tenendole la mano e battezzando con la sua presenza rassicurante il primo passo in quell’universo sconosciuto che si chiama istruzione. Una formazione ancora tutta da decifrare, nella quale abbiamo cassato la selezione ( proprio in questi giorni, un rigo sulle bocciature alle elementari e medie), il nozionismo, l’autoritarismo, la meritocrazia, senza riempire programmi e indirizzi con nuovi valori fondanti, in grado di creare uomini e donne titolari di doveri, oltre che di diritti.

Una scuola diversa, ma non per questo migliore, dove imperano le trasversalità, le attività extracurriculari, le integrazioni, gli approcci multiculturali, la laicità e il modernismo. E poi ti ritrovi agli esami di maturità il candidato che piazza Dante nel 1200 o ti parla di Carlo Alberto di Savona. Ma di queste cose Emma ancora non si occupa. E nemmeno il nonno, che la sta osservando mentre rigira tra le dita il temperamatite con la musica. Una volta, ai tempi dello Zecchino d’oro, si sarebbe chiamata Remigina. Oggi è una piccola utente che accede al mondo della formazione. Buon primo giorno di scuola, piccola!


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