Politica

Affaire Miteni, Greenpeace: "Indagini su Regione, provincia e Comune di Trissino"

In una nota diffusa oggi dalla associazione ambientalista oltre a ribadire la richiesta di sequestro della fabbrica, si chiede di valutare un eventuale omesso controllo da parte degli enti in rapporto a sostanze tossiche diverse dai Pfas

Con una nota diramata stamane dalla sua sede nazionale a Roma Greenpeace chiede oggi il sequestro preventivo dell’azienda chimica Miteni e la verifica su eventuali responsabilità, «frutto di dolo o di omissione, addebitabili ai rappresentanti legali dell’azienda e a rappresentanti e funzionari di tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte in un nuovo caso di inquinamento, accertato già nel 2013 e parallelo alla questione PFAS». L’organizzazione ambientalista ha per questo depositato in queste ore due differenti esposti: un primo presso la Procura competente di Vicenza, un secondo presso la Corte dei Conti del Veneto.

IL DETTAGLIO

Si legge ancora nella nota che da alcuni documenti, ottenuti da Greenpeace tramite istanza pubblica di accesso agli atti presso gli enti locali veneti, emerge infatti che nel 2013 in numerosi piezometri - pozzi di osservazione per misurare parametri chimico- fisici della falda acquifera - del sito produttivo di Miteni, le concentrazioni nella falda di alcune sostanze chimiche già normate superavano fino a tre volte le Concentrazioni Soglia Consentite (CSC), ovvero concentrazioni oltre le quali è previsto intervenire con operazioni di bonifica.

Tali superamenti sono stati comunicati dalla stessa Miteni alle autorità competenti insieme alla richiesta di rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), poi concessa dalla Regione Veneto con decreto numero 59 del 30 luglio 2014. Le sostanze chimiche in questione erano differenti dai PFAS, e nello specifico: 1,2 Dicloropropano, Tricloroetilene, Tetracloroetilene, Cloroformio, Bromodiclorometano. Si tratta di sostanze già note per la loro pericolosità per la salute umana e che, secondo la classificazione dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), «sono sicuramente cancerogene (l’1,2 Dicloropropano), probabilmente cancerogene (Tricloroetilene e Tetracloroetilene) o potenzialmente cancerogene per l'uomo (Cloroformio, Bromodiclorometano e 1,4 Diclorobenzene)».

LA PRESA DI POSIZIONE

«Quanto emerge dalla consultazione dei documenti ufficiali è gravissimo e pone seri interrogativi sull’operato delle istituzioni locali preposte che, di fronte a prove tangibili di un inquinamento oltre le soglie di sostanze già normate, non solo non hanno preso alcun provvedimento cautelativo e sanzionatorio, ma hanno di fatto garantito a Miteni la continuità ad operare col rinnovo dell’AIA nel 2014», dichiara Giuseppe Ungherese, Responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

«Tutte le autorità locali riunite nella conferenza dei servizi ovvero Regione Veneto, ARPAV, Provincia di Vicenza e Comune di Trissino erano a conoscenza di tali violazioni almeno dal luglio 2014. Tuttavia, a fronte di una grave e accertata situazione di inquinamento delle acque da parte di Miteni, le autorità preposte non hanno adottato tutte le cautele del caso né tantomeno la doverosa e concreta applicazione del principio di precauzione. Inoltre, riguardo le misure intraprese da Miteni per contenere l’inquinamento, dai documenti ufficiali non risultano azioni specifiche di controllo sulla tenuta e l’efficacia della barriera idraulica, realizzata su iniziativa dell’azienda stessa e implementata nel 2016, sempre su iniziativa di Miteni. Anche su questo aspetto, con la denuncia di oggi, Greenpeace chiede alla magistratura di accertare l’operato degli enti tecnici regionali deputati ai controlli.

L’AFFONDO

Di seguito un altro affondo: «Riteniamo che ci sia la ragionevole possibilità che nel corso delle indagini penali emergano gravi responsabilità anche da parte di funzionari pubblici». Poi Ungherese conclude: «Invitiamo pertanto la procura ad effettuare tutti gli accertamenti del caso e verificare le condotte degli enti pubblici che avrebbero dovuto perseguire l’unico obiettivo di tutelare il territorio e la popolazione già pesantemente colpita dall’inquinamento da PFAS».

LE IMPLICAZIONI

Le dichiarazioni di Greenpeace pesano come pietre. Perché in questa circostanza non tirano in ballo solo l’azienda, ma tirano in ballo le autorità: e se per la condotta del comune di Trissino e della provincia di Vicenza, sarà la procura berica a dovere vagliare eventuali ipotesi si reato, sarà invece la magistartura veneziana a dovere valutare eventuali illeciti da parte dei funzionari regionali, il che potrebbe creare le condizioni perché si crei in laguna un nuovo fronte penale dell’inchiesta (in foto gli attivisti di Greenpeace in corteo a Trissino).

POLEMICHE SOTTO IL PELO DELL’ACQUA

Frattanto a palazzo Ferro Fini si moltiplicano le indiscrezioni nei confronti delle critiche che si sarebbero levate da settori della opposizione nei confronti del presidente del consiglio regionale, il leghista Roberto Ciambetti. Quest’ultimo durante la sua trasferta vicentina durante la quale è stato consegnato in procura il testo della relazione della commissione speciale Pfas, avrebbe pubblicamente spiegato che la stessa non contiene notizie di reato. Il che però potrebbe palesemente confliggere con le dichiarazioni rese alla stessa commissione dai rappresentanti sindacali di Miteni, la Rsu, che hanno pesantemente attaccato il comportamento del servizio di prevenzione infortuni dell’Ulss berica, lo Spisal.

L’altro fronte critico riguarda invece il passaggio per il quale, sempre nella medesima relazione, sarebbe escluso un nesso causa- effetto, tra la contaminazione da Pfas e eventuali patologie riscontrate sul territorio interessato. Si tratta di una valutazione che sembra confliggere, ne ha parlato diffusamente Il Giornale di Vicenza, con la relazione che la Direzione del servizio prevenzione in capo alla stessa Regione Veneto avrebbe inviato alla procura della repubblica di Vicenza. Una circostanza che avrebbe esposto a un filotto di critiche anche il presidente della commissione speciale, ovvero il veronese Manuel Brusco, preso di mira anche per essere stato, questo il tenore della critica, troppo accondiscendente verso l’indirizzo oltremodo prudente dato ai lavori della commissione dalla segretaria responsabile, la dottoressa Micaela Colucci.

LA NOVITÁ

Però emergono novità anche in merito alla querelle di un’altra sostanza lavorata dalla Miteni, il cosiddetto GenX. Il coordinamento dei genitori NoPfas aveva polemizzato sulla assenza di questo composto dal registro delle sostanze pericolose da redigere in forza degli adempimenti della direttiva sui compostipericolosi, la cosiddetta Seveso III. L’azienda aveva controreplicato spiegando che a norma di legge quella sostanza non dovesse essere ricompresa in quell’elenco. La polemica è andata avanti frattanto l’azienda respinge al mittente ogni accusa. E lo fa avvalendosi di una comunicazione ufficiale del comando del Nordest dei Vigili del fuoco datata 24 luglio 2018 .


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