Economia

Dopo il decreto «pochi ribassi alla pompa»

In terra berica automobilisti e altri utenti sono delusi per gli scarsi effetti del provvedimento governativo che taglia le accise di 25 centesimi per ogni litro di carburante. All'orizzonte ci sono alcuni spiragli: ma è il quadro complessivo a destare preoccupazione

Una pompa di benzina nel capoluogo berico (foto, Manuela Donà per Vicenzatoday.it)

Oggi 22 marzo poco dopo le 7 del mattino con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, è entrato in vigore il decreto del governo che taglia temporaneamente le accise sui carburanti. Le accise, note agli economisti come tributo indiretto a riscossione mediata, proprio nel caso dei carburanti costituiscono una voce importante nella determinazione del prezzo. Stamani però, un po' come è accaduto nel resto del Paese, nel Vicentino i prezzi alla pompa erano rimasti pressoché invariati. Qualche sensibile diminuzione c'è stata qua e là, ma pure qualche aumento. Nel capoluogo per esempio erano diversi gli impianti (nel riquadro) in cui benzina e gasolio si attestavano effettivamente sotto i due euro il litro con una diminuzione rispetto ai giorni passati.

I MAL DI PANCIA
Molti utenti però non hanno visto nei cartelli delle stazioni di rifornimento quel meno 25 centesimi annunciato nei giorni scorsi dal premier Mario Draghi. «Sono pochi ribassi alla pompa» è stato il leitmotiv di molti internauti vicentini e non. E così, i social network nonché le chat dedicate su Whatsapp e Telegram si sono tramutati in una sorta di centro reclami per interposta persona dove speculazione, effetti sulle quotazioni della guerra in corso in Ucraina, scelte del governo e molto altro sono divenuti una maionese impazzita: non è mancato chi se l'è presa con gli esercenti alla pompa i quali però già prima dell'entrata in vigore del decreto avevano messo le mani avanti spiegando per filo e per segno come i gestori degli impianti poco o nulla abbiano a che fare con gli aumenti.

INCOMBENZE BUROCRATICHE
Proprio gli esercenti in queste ore peraltro hanno dovuto affrontare le incombenze burocratiche seguite al decreto, incombenze che prevedono, tra le altre, la comunicazione delle giacenze nei depositi. La Figisc-Confcommercio di Vicenza, giusto a mo' di esempio, stamani ha diramato una circolare firmata dal presidente della «Associazione provinciale gestori impianti stradali carburanti» Eugenio Giuseppe Volpato e dal segretario Massimo Chiovati in cui si precisa ai propri associati che il decreto entrato in vigore stanotte prevede che «ai fini della corretta applicazione delle aliquote di accisa, gli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti trasmettono all'Ufficio competente per territorio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli... per via telematica, i dati relativi ai quantitativi di benzina e di gasolio usato come carburante giacenti nei serbatoi sia alla data odierna che al trentesimo giorno successivo alla medesima data. La comunicazione dei predetti dati deve essere effettuata entro cinque giorni lavorativi a partire da ciascuna delle date evidenziate. In caso di mancata comunicazione dei dati di cui al presente comma, si applica la sanzione da 500 a 3.000 euro».

L'IMPASSE
Uno dei primi problemi che si è presentato oggi riguarda proprio le giacenze. I gestori chiedono chiarezza e aspettano di sapere se la riduzione del tributo delle accise, riduzione finanziata dal governo, si applichi anche alle giacenze oppure se si applichi al carburante venduto da oggi in poi. Nel secondo caso, in forza di un complicato gioco di meccanismi contabili, i gestori temono di dover finanziare con i propri margini, che ormai sono ridotti al lumicino, una parte dello sconto previsto. Detto in altri termini se l'esercente è obbligato a abbassare il prezzo di 25 centesimi di euro su una partita di carburante acquistata senza sconto sulle accise, ci rimetterà lo stesso esercente che de facto si caricherà della incombenza dello sconto. Se così fosse i titolari delle stazioni non ci stanno visto che lo sconto sulle accise, ossia 25 centesimi ogni litro di carburante, è per legge a carico dello Stato. «Purtroppo», queste sono le voci che girano tra gli addetti ai lavori, la norma è stata scritta «in modo imperfetto» creando quindi «un grande margine di incertezza».

UN POSSIBILE SBOCCO
Antonio Perin di Colceresa, membro del consiglio nazionale di Assopetroli, e volto storico della distribuzione dei carburanti nel Bassanese, ai taccuini di Vicenzatoday.it spiega che gli operatori di settore «sono in attesa dei chiarimenti necessari da parte di palazzo Chigi», che peraltro dovrebbero arrivare a breve. Ed è questo uno dei motivi per cui parecchi esercenti non avrebbero proceduto con la scontistica o meglio col ribasso di 25 centesimi di euro.

Queste almeno sono le questioni più o meno spicce che riguardano la gestione degli effetti del decreto. Diverso invece è «il problema dei problemi». Ossia l'identifcazione della cause reali e profonde alla base dell'aumento dei prezzi dei carburanti. Da giorni si parla degli effetti sulle quotazioni della guerra in Ucraina. Ma l'andamento al rialzo era cominciato ben prima, tanto che le associazioni dei consumatori hanno preso di mira il governo.

NUBI NERE ALL'ORIZZONTE
Ma c'è di più. Da settimane se non da mesi si parla incessantemente di stretta sulle forniture energetiche causata da fattori non ancora chiari. Tale ipotesi è divenuta così inquietante che una serie di dossier, tra Camera e Senato, sarebbero finiti nelle mani di alcuni parlamentari di peso presso alcune commissioni: Affari esteri, Difesa, Finanze, Trasporti e Affari sociali. Lo stesso sarebbe avvenuto per la Commissione antimafia e il Copasir che è poi l'organismo bicamerale che vigila sulla sicurezza dello Stato e sui servizi segreti. Questi ultimi avrebbero infatti trasmesso alla Presidenza del consiglio alcuni alert molto seri in tal senso: tra i timori c'è quello dell'acuirsi della tensione sociale.

Un ventilato aumento alle stelle dei costi energetici e una scarsità nelle forniture avrebbe mandato in fibrillazione anche alcuni settori di Confindustria. Si teme, per esempio, nei ritardi che una situazione del genere può comportare nell'ambito delle commesse pubbliche e su eventuali penali in capo agli appaltatori. E se nel caso di appalti ordinari, il codice civile prevede qualche possibilità per riallineare le incombenze previste nei contratti, ben diversa appare la situazione delle opere previste con la finanza di progetto (project financing in gergo anglosassone). In questo caso il rischio d'impresa sarebbe tutto in carico al privato che stipula la convenzione col concedente pubblico.

LO SPETTRO SUL PROJECT FINANCING
Lo spettro di uno tsunami per i concessionari privati è nell'aria tanto che proprio Confindustria da giorni ha cominciato un'azione di lobbying nei confronti del governo e del parlamento. Si parla di decreti ad hoc, di possibili modifiche del codice degli appalti. Il Nordest da questo punto di vista è uno dei territori più interessati dalla problematica. La Superstrada pedemontana veneta infatti, un'opera che fra mille difficoltà è in via di completamento e che una volta ultimata dovrà connettere Spresiano nel Trevigiano a Montecchio Maggiore nel Vicentino, è uno dei più importanti cantieri oggi attivi nel Belpaese. La convenzione sottoscritta tra Regione e Sis-Spv (il concessionario che ha il compito di realizzarla) prevede astrattamente la possibilità di rinegoziare alcune parti del contratto: ma in una eventualità del genere la giunta regionale dovrebbe procedere con i piedi di piombo per evitare la scure della magistratura che potrebbe ravvisare un danno erariale.


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