Cronaca

Pfas: "In Regione potrebbero insabbiare ancora"

È il rischio che il consigliere Brusco del M5S ha percepito in vista della visita del ministro dell’ambiente nel Veneto. Intanto i comitati sfidano la procura berica perché sequestri la Miteni mentre Legambiente chiede limiti più stringenti

Da sx a dx, Marco MIlioni (giornalista) Manuel Brusco (M5S, presidente della commissione regionale Pfas), Luigi Lazzaro (Legambiente Veneto) e l'attivista Alberto Peruffo

«Abbiamo incontrato i magistrati che stanno indagando sul caso Pfas. E alla procura di Vicenza abbiamo dato un ultimatum. Se entro ottobre non assisteremo ad un provvedimento serio»

il riferimento è al sequestro parziale o totale della Miteni, la fabbrica trissinese al centro del caso di inquinamento di derivati del fluoro, «noi la sfiduceremo».

Ha usato una metafora ieri Alberto Peruffo, uno dei leader della protesta contro la contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche deflagrata nel 2014. La presa di posizione è giunta durante un dibattito pubblico organizzato nell’ambito della kermesse politica Fornaci rosse, dibattito andato in scena ieri sera. All’incontro, moderato dal giornalista di Vicenzatoday.it Marco Milioni, hanno preso parte anche Luigi Lazzaro, presidente veneto di Legambiente e Manuel Brusco del M5S, presidente della commissione consiliare speciale della Regione Veneto dedicata proprio al caso Pfas.

Proprio da quest’ultimo sono giunte alcune stilettate nei confronti degli uffici regionali, che come rilevato in una inchiesta pubblicata giusto ieri sulla nostra testata, sarebbero potuti intervenire ben prima del 2014 poiché erano a conoscenza della potenziale situazione di pericolo ambientale sotto i terreni della fabbrica dell’Ovest vicentino. Lo stesso Brusco tra l’altro non ha mancato di contraddire il presidente del consiglio regionale veneto Roberto Ciambetti (Lega) il quale di recente aveva assicurato che la relazione finale della commissione speciale Pfas non contenga notizie di reato.

IL J’ACCUSE DEI COMITATI

«C’è qualcosa che non funziona nelle tempistiche della procura di Vicenza» ha attaccato ieri dal palco Peruffo. Il quale rivolgendosi alle toghe di borgo Berga, con una nota di stizza e di amarezza ha detto: «Lo scorso anno ci promisero che avrebbero posto il caso Pfas in cima ai pensieri degli uffici. Sono passati dodici mesi e non sono arrivati i provvedimenti che la gente si attendeva».

Pur non dicendolo espressamente Peruffo, noto alpinista e attivista di Montecchio Maggiore, stava rivolgendo il suo pensiero al ventilato sequestro degli impianti. Ma anche alla necessità, propugnata a più riprese dai comitati, che la magistratura, dopo aver esperito le rogatorie di turno, aggredisse i capitali dei soggetti che controllano la Miteni, in modo da garatnire alla collettività, in parte o in tutto, i danari necessari alla eventuale bonifica.

IL MONITO DI LAZZARO

Su un altro terreno si è invece mosso Lazzaro (in foto), che per Legambiente ha chiesto al governo di intervenire prontamente per rendere più restrittivi i limiti dei Pfas «non solo nelle acque potabili, ma anche in quelle di falda e di superficie». Sulle prime potrebbe sembrare una questione semplice. In realtà non lo è perché all’oggi la legge italiana per questi derivati del fluoro non prevede limiti tassativi ma solo soglie di riferimento. Alla base di questa contraddizione c’è il fatto che i Pfas, pur a fronte di numerosi studi internazionali che ne descrivono la tossicità, non sono catalogati dalla norma nazionale come sostanze oltremodo nocive. Durante il suo intervento Lazzaro ha anche spiegato che checché se ne dica mettere in contrapposizione il tema del lavoro con quello dell’ambiente è oggi «inammissibile ed anacronistico» perché perle aziende, se si vuole, «è possibile produrre nell’ottica d’uno sviluppo sostenibile».

«TENTATIVI DI INSABBIAMENTO»

Ieri però Brusco, incalzato da Milioni, anche alla luce della lunga inchiesta firmata da quest’ultimo per Vicenzatoday.it, è entrato nel merito delle responsabilità di quei dirigenti regionali o delle agenzie collegate a palazzo Balbi, che già dal 2005 avrebbero saputo del pericolo che avrebbe potuto rappresentare l’inquinamento del sedime sottostante la Miteni.

Più nel dettaglio Milioni ha chiesto a Brusco: «Poiché a breve ci sarà una visita del ministro dell’ambiente Sergio Costa, che è stato indicato proprio dai Cinque stelle, voi del movimento che cosa farete perché al ministro sia prospettata una situaizone, anche dal punto di vista storico, certa e ben delineata?».

Il consigliere da parte sua ha spiegato che sicuramente qualcuno «cercherà di insabbiare» qualche aspetto della vicenda magari «per parare il fondo schiena a qualche dirigente» anche perché «stando al lavoro del Noe» e stando ad alcune carte conosciute dalla Regione ha dovuto ammettere Brusco «si può tranquillamente affermare che più di qualcuno già dal 2005» sapesse del rischio che la popolazione stava correndo.

IL LEGHISTA SULLA GRATICOLA

Appreso Milioni ha chiesto al consigliere lumi sulla uscita di alcune settimane fa da parte del presidente Ciambetti, il quale aveva dichiarato alla stampa che la relazione finale della commissione Pfas non conteneva notizie di reato. Il giornalista quindi ha chiesto a Brusco «ma se non conteneva evidenze di questo segno che cosa l’avete portata a fare al procurator di Vicenza Antonino Cappelleri?

E poi si può proprio escludere che vi siano dei profili penali visto il racconto a tinte fosche che i rappresentanti dei lavoratori, ovvero la Rsu, proprio alla vostra commissione e alla Commissione ecomafie, hanno distillato in materia di sicurezza sul lavoro?». Appresso Brusco ha nuovamente dovuto ammettere come la lettura data da Ciambetti non fosse proprio corretta giacché solo alla magistratura «spetta il compito di identificare eventuali reati e a procedere di conseguenza».

ULTIMO AFFONDO

In serata però l’ultimo affondo è stato ancora di Milioni che dopo una puntura di spillo all’Arpav («hanno fatto melina per non darmi il verbale del Noe con la sanzione amministrativa da 3,7 milioni di euro, ma le carte siao riuscite lo stesso ad averle dai piani alti della stessa Arpav») ha sollevato il problema della trasparenza e dell’accesso agli atti presso gli enti pubblici. Una volta su due, sostiene il giornalista, le amministrazioni «non consegnano le carte a chi ne fa regolarmente richiesta. Le leggi ci sono ma non vengono applicate. Non consegnare i documenti è un reato, un rifiuto in atti d’ufficio ed è anche colpa delle procure, che spesso non perseguono questi illeciti con il dovuto zelo, se questo andazzo non cambia».


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