Blog

Vicenza nera, omicidi irrisolti: i "cold case" berici 

Dal duplice omicidio Fioretto al massacro di Enego, dai complici di Ludwig al delitto di Brendola fino alla brutale morte del solitario di Zovencedo

L'ultimo in ordine di tempo risale al 12 maggio 2017. Sono passati tre mesi dall'omicidio Pretto e il suo assassino non è ancora stato trovato. Ufficialmente la morte del boscaiolo non è ancora un caso irrisolto ma le indagini sembrano essere a un punto fermo. Gli assassini senza volto esistono anche nel vicentino: fascicoli chiusi e riaperti dopo tanti anni nel tentativo di dare un nome agli autori di efferati delitti, ma senza risultato. . Ecco i "cold case" nostrani. 
    

MAURO PRETTO: UN GIALLO AVVOLTO DAL SILENZIO

Che sia destinato a diventare un "cold case" anche il delitto più enigmatico che la provincia di Vicenza ha visto negli ultimi anni? Mauro Pretto, ambientalista solitario che viveva ai confini della civiltà nel suo casolare in mezzo ai boschi di Zovencedo, nella notte tra il 12 e il 13 maggio 2017 è stato ucciso da un pallettone sparato da un fucile da caccia

Quella notte pioveva a dirotto e, secondo le ipotesi degli inquirenti Mauro conosceva il suo assassino. L'omicidio non ha ancora nessuno iscritto nel registro degli indagati e, da parte dei carabinieri che stanno investigando, regna il silenzio più assoluto. 

Sono passati ormai tre mesi e le ipotesi sul delitto si rincorrono senza però trovare nessuna conferma. Si parla di un bracconiere, forse un cacciatore, con il quale Pretto - di carattere duro - avrebbe avuto una lite ma si parla anche di una vendetta per qualche conto lasciato in sospeso o di un'offesa sottovalutata dal solitario di Zovencedo. Di sicuro, i compaesani e gli amici di Mauro hanno poche aspettative che il killer venga preso. La speranza che anche questo non diventi un caso irrisolto è ora solo nelle mani degli inquirenti. 

DUPLICE OMICIDIO FIORETTO: IL MISTERO DEL DNA

Sono passati ben 26 anni dal 21 febbraio 1991 quando l'avvocato vicentino Pierangelo Fioretto, 59enne e la moglie Mafalda Begnozzi, 52 anni, sono stati freddati da una raffica di colpi di pistola da dei killer sconosciuti. Un delitto eccellente, avvenuto in pieno centro storico verso le  otto di sera. I coniugi Fioretto sono morti nel cortile di casa, lui aveva appena parcheggiato la macchina nel garage e la moglie gli è andata  incontro: entrambi sono stati raggiunti alla schiena dalle pallottole. Per anni gli investigatori hanno cercato un movente a quel duplice omicidio.

L'avvocato, era un perito del tribunale specializzato in fallimenti e le piste inizialmente si sono concentrate sulla sua professione. Forse il legale aveva scoperto qualcosa tra le carte dei fallimenti? Oppure aveva detto di no a una richiesta di qualcuno? Subito era emersa anche l'ipotesi che avesse prestato del denaro, tanti soldi a qualcuno che ha saldato il debito con una pistola 765 col silenziatore avvitato e con 9 dei 14 proiettili sparati andati a segno. Gli ultimi due sono stati colpi di grazia.

Archiviato per anni, il caso è stato riesumato nel 2012 dalla procura di Vicenza. Dagli archivi del palazzo del giustizia berico è stato infatti ripescato un guanto di uno dei killer lasciato sul luogo del delitto e da quello gli investigatori hanno isolato del dna. Il codice genetico è stato poi comparato con quello di uno dei maggiori sospettati, Massimiliano Romano, criminale ucciso in uno sconto a fuoco con i carabinieri e che qualche testimone diceva di avere intravisto in zona all'epoca dei fatti. Il test però non è andato a buon fine: lui non aveva mai indossato quel guanto. 

DELITTO DI ENEGO: IL PAESE SCHEDATO

Gli investigatori sono arrivati a prendere le impronte digitali di tutti i residenti Enego, piccolo paese dell'altopiano di Asiago che il 17 novembre del 2007 fu sconvolto da un brutale assassinio. L'ex sindaco Domenico Miola e la moglie ex maestra Angela Valle, lui 83 anni e lei 79, furono trucidati all’esterno della loro abitazione. I coniugi, che qualche domenica prima avevano festeggiato i 50 anni di matrimonio, furono trovati in terrazza con lesioni profonde alla testa e con i corpi zuppi di sangue.

La villetta era stata messa letteralmente sottosopra: le porte erano spalancate e le luci accese. Le successive indagini scoprirono che gli assassini avevano usato una spranga per trucidare i due anziani e sottraendo qualche migliaia di euro. Le indagini dei Ris, che avevano trovato un'impronta durante il sopralluogo, spinsero i carabinieri a effettuare la più massiccia operazione di schedatura mai avvenuta in Italia.

Circa 900 uomini, nessuno escluso, parroco compreso entrarono nella caserma dei militari per lasciare le loro impronte. Alla fine i sospetti si concentrarono su cinque persone, tra cui l'imbianchino del paese il cui profilo digitale sembrava combaciare con quello rinvenuto, ma nessuno finì incriminato. 

OMICIDIO BELLIN: L'ASSASSINO DELLA PORTA ACCANTO

Le indagini sulla morte dell'artigiano 61enne Vittorio Bellin, ucciso con ferocia inaudita, portano a una sicurezza: la vittima conosceva bene il suo assassino. Il corpo di Bellin fu trovato 12 aprile del 2002 nel capannone attiguo alla villetta dove abitava. L'assassino aveva infierito su di lui con ben venti colpi di mazza sul cranio.

All'omicidio seguì il furto. Dall'abitazione sparirono preziosi in oro e argento ma anche oggetti ben identificabili quali un fucile da caccia Bayard e un Rolex Oyster, entrambi con numeri di matricola impressi  (8520 il fucile; X888680 l'orologio). Al tempo l'attenzione si concentrò su due sospettati, e uno di loro sembrava essere il bandolo della matassa. Ma alla fine furono entrambi scagionati perché completamenti estranei ai fatti.

Dopo l'archiviazione del fascicolo nel 2003 il "cold case" venne riaperto nel 2009, ci furono altri due sospettati ma a oggi ancora niente. Il presunto killer della porta accanto è ancora senza nome. 

IL MASSACRO DI MONTE BERICO: IL TERZO ASSASSINO

La storia del padovano Marco Furlan e Wolfgang Abel, originario di Düsseldorf, è difficile da dimenticare. I due insanguinarono il nord-est tra la fine degli anni '70 e la prima metà degli '80 fino a quando furono catturati a Melamara, nel Mantovano, mentre erano in procinto di fare una strage in una discoteca. La loro era una ideologia neonazista malata che aveva come obbiettivo ripulire il mondo da prostitute, barboni, omosessuali, tossicodipendenti, preti "peccaminosi", e da discoteche e cinema a luci rosse. Si firmavano "Ludwig" e a Vicenza lasciarono tre delle loro 28 vittime.

Il 20 dicembre 1980 la coppia di serial killer agisce per la prima volta a Vicenza massacrando a colpi di ascia la prostituta cinquantaduenne Alice Maria Baretta nei pressi di Campo Marzo. La donna morì dopo due settimane di agonia. La follia omicida più nota è però quella del 20 luglio 1982, a Monte Berico. Abel e Furlan quando, lungo la via Generale Cialcini massacrarono con una mazza di ferro da meccanico e un martello Mario Lovato e Giovanni Battista Pigato, appartenenti alla comunità del santuario di Monte Berico.

E qui comincia un mistero che tuttora non ha trovato risposta: c'era un terzo "Ludwig" quella sera? Nella sentenza, sono riportate due testimonianze, riferite agli investigatori il giorno dopo il delitto, da Federica Rossi Bortolaso e Danilo Lucano: "La Rossi, la sera del 20 luglio, verso le ore 19.45, uscita dal santuario di Monte Berico, notò tre giovani, di 20 - 25 anni, seduti sul muretto situato proprio di fronte alla strada dove, poco dopo, furono assassinati i religiosi. Uno dei giovani aveva, ai suoi piedi, due borse di plastica, una scura e l'altra bianca, che la teste dichiarò simili a quelle trovate sul luogo del delitto". Marco Furlan è tornato in libertà, Wolfgang Abel ha ancora delle limitazioni. Del terzo uomo, invece, nessuna traccia. 


 


Si parla di