Attualità

Il lungo fiume di veleno: Spacciamorte non parla italiano

Capi che parlano lingue diverse che siglano accordi con altri capi per poter far vendere, speculare sulla pelle di generazioni. Questo è lo spaccio a Vicenza

Per ogni siringa che viene gettata a terra, per ogni pezzo di “fumo” che viene scaldato, per ogni riga che viene ben divisa da un codice fiscale o da un bancomat, c’è qualcuno che si è infilato in tasca una o più banconote di diverso colore. Sono i pusher, gli spacciatori, i soldati della criminalità organizzata, le formiche. Hanno mille nomi per pochi capi che li organizzano e li disperdono per la città.

Capi che parlano lingue diverse che siglano accordi con altri capi per poter far vendere, speculare sulla pelle di generazioni. Questo è lo spaccio a Vicenza. Lo schema è uguale in ogni città del mondo e la città del Palladio non viene risparmiata. Ma chi sono queste mani che vendono, che stringono mani di chi ha il potere di dare il benestare per vendere al dettaglio ogni genere di stupefacente? Innanzitutto bisogna chiarire che le grandi organizzazioni criminali nazionali come ‘ndrangheta, camorra, mafia non hanno grandi interessi nel ramo degli stupefacenti in questo territorio.

Da anni ormai il loro interesse si è spostato sul “Veneto e sulla Vicenza lavatrice” dei soldi sporchi che accumulano nelle loro attività criminali in tutta Italia, non più sullo spaccio di strada. Dal 2010 al 2016 su 56 arresti di elementi legati alle mafie italiane solo tre ordini di cattura sono stati spiccati per traffico di stupefacenti. Il ruolo che ricoprono è casomai da venditori all’ingrosso alle criminalità albanesi, nordafricane e nigeriane. O fungono da dogana quando i quantitativi che arrivano dall’estero sono ingenti. Non sono più i tempi in cui lo spaccio in Veneto e a Vicenza era un business in mano alla Mala del Brenta e conseguentemente alla mafia siciliana.

Felice Maniero e i suoi sodali smerciavano chili e chili di eroina per tutta la regione e anche oltre. Riforniva addirittura la piazza romana in alcuni periodi particolarmente magri per la Capitale. Ma allora tutto era gestito dai “mestrini” e da “quelli della bassa padovana” che avevano i loro pusher in tutte le città, pusher che decidevano come e quando, alzare o abbassare i prezzi della brown sugar o della cocaina. I tempi cambiano però, anche nell’ambito sporco e criminale dello spaccio.

Oggi a gestire il mercato di morte su strada sono le criminalità straniere, quelle arrivate con i flussi migratori dall’Albania, dal Nordafricani e più recentemente dalla Nigeria. Sono i nuovi “padroni” dello sballo e contemporaneamente sono i nuovi “sfruttatori” di moltissimi profughi che arrivano in Italia. Ognuno di queste forme criminali ha una sua specifica peculiarità per quanto riguarda la tipologia di stupefacente trattato.

Il clan degli albanesi

La “mafia” albanese, da anni, ha un controllo pressoché esclusivo per quanto riguarda cocaina ed eroina, tanto da riuscire ad organizzare anche delle “raffinerie” per il trattamento della droga. Strutture che ricordano la Sicilia dei primi anni ’80 quando c’erano dei veri e propri laboratori nelle masserie intorno a Palermo. Non molto tempo fa ne fu scoperto uno nella zona di Camisano, trenta chili di eroina la droga che dovevano trattare.

Gli albanesi occupano non solo ruoli di vendita al dettaglio, ma anche di trasporto dalla loro madre patria, una delle tratte più calde e meno controllate. Divisi in clan hanno una forza intimidatoria notevole e operano quasi esclusivamente nel nord-Italia. Da Roma in poi lavorano conto terzi per le mafie con ruoli che arrivano al killeraggio su commissione.

Non vendono mai “a cielo aperto” ma ben mimetizzati nei locali, anche del centro città. Vicenza e il vicentino è un mercato estremamente importante e di “qualità” sia per la clientela che per lo stupefacente che circola negli ambienti più “alla moda”.

Il fumo del Maghreb

Quando agli inizi degli anni ’90 la forza della Mala del Brenta iniziò a venire meno per la repressione poliziesca e per uno sfaldamento dell’organizzazione, il mercato della droga passò nelle mani di gruppi più o meno organizzati provenienti di nordafricani. Tunisia, Marocco e Algeria i paesi di provenienza di molti ex galeotti che trovarono subito una buona “sponda” nel traffico e nella vendita di droga, soprattutto marijuana e hashish. Prodotti che arrivavano direttamente dai loro paesi d’origine e dalla Spagna.

Non erano certo dei “broker”, capaci di spostare centinaia di chili da una parte all’altra dei continenti, ma avevano una rete di vendita al dettaglio di prima categoria. Rete, che con il tempo però, si è ridotta per l’avanzare delle nuove schiere di disperati che sono arrivati negli ultimi anni con gli odierni flussi migratori.

Da sottolineare che le organizzazioni criminali nordafricane furono le prime ad allargare i propri interessi nel traffico di migranti dei loro paesi, proprio con i proventi dello spaccio. Documenti falsi e corruzioni a vario livello furono un nuovo volano per l’economia criminale. E Vicenza una delle centrali più qualificate insieme a Padova.

L’ascia nera

Si scrive Black Axe e si legge mafia nigeriana, anche se il termine mafia è più giornalistico che effettivo. Una forma tra le più violente e spietate, soprattutto tra di loro. È nuova “carne da cannone” nel mondo dello spaccio, uomini omertosi e spendibili per finire in galera senza batter ciglio, con costi in termini di perdita della droga molto bassa. Cosa che assicura una scarcerazione rapida.

Hanno una struttura gerarchica rigida e legano religione e superstizione per arruolare i profughi di odierna generazione tra le loro schiere, profughi che molte volte sono gli uomini di Black Axe a guidare fino alle coste italiane. Dietro allo spaccio a “cielo aperto” di Campo Marzio, o della zona di Viale Milano, c’è più di qualche indizio che lascia pensare agli investigatori che sia esattamente quella la piazza di spaccio che hanno scelto per la città del Palladio.

Un market dove si possono trovare quasi tutte le tipologie di droga a prezzo ridotto per una qualità bassissima, un discount di morte. È un fiume di droga quella che attraversa Vicenza, arriva dentro ai tir, nei container che sbarcano a Venezia o che passano le frontiere friulane o trentine. Una o due volte la settimana, con la precisione di chi ha molto da giocarsi e non può scherzare con venditori e acquirenti.

È un viaggio che non si ferma nei parcheggi dove i tir sono la normalità, dove si mischiano agli autisti che macinano chilometri con merci di ogni tipo. E' un viaggio che finisce nel vuoto degli sguardi di chi incrocia i loro carichi di finte illusioni e vere tragedie.


Si parla di